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Copenaghen tra luci e ombre: il racconto di Clara, giovane italiana che ha scelto il Nord come casa

Clara Abati, 26 anni di Cantù, si è trasferita in Danimarca per motivi di studio e da allora non ha più lasciato Copenaghen. Dal 2021 vive nella capitale danese, immersa tra biciclette, spiagge nordiche e spazi condivisi. Lavora per una piccola agenzia di pubbliche relazioni, occupandosi della comunicazione e dell’organizzazione di eventi per diversi brand, sia nel settore della moda che del design. Nel tempo libero ama leggere, scrivere per testate indipendenti e passeggiare per la città alla scoperta di mercatini vintage.

Da quattro anni Clara vive in Danimarca, un’esperienza che le ha permesso di comprendere a fondo le ragioni culturali che rendono Copenaghen così attrattiva per i giovani europei, ma anche di percepire le sfide sociali meno evidenti che caratterizzano la metropoli. Dopo un recente viaggio in Colombia per ricaricarsi al sole e prepararsi all’inverno rigido del Nord, ci ha raccontato la sua personale e critica visione della città che considera ormai una casa lontano da casa.

Il trasferimento a Copenaghen è avvenuto quasi per caso durante l’emergenza Covid: con le lezioni online e la laurea triennale presa a distanza, insieme ad alcune compagne della Cattolica avevano deciso di tentare l’esperienza all’estero, inviando candidature un po’ ovunque in Europa. All’epoca Clara conosceva solo il fatto che l’università danese fosse gratuita. Tutte loro sono state accettate nei corsi scelti e, grazie a un gruppo WhatsApp, si sono sostenute a vicenda nel percorso di trasferimento e adattamento, che non è stato complicato proprio perché affrontato insieme. Oggi, racconta, le sue amiche vivono ancora lì con lei.

Durante gli studi in “Brand and Communication Management” presso la Copenhagen Business School, Clara ha scoperto un sistema di supporto molto efficiente per gli studenti europei: l’università è gratuita e lo Stato eroga un contributo economico a chi studia, anche se non danese, a patto di lavorare almeno dieci ore a settimana. Questo aiuto le ha permesso di essere indipendente in una delle città più costose al mondo. Una delle particolarità del sistema di istruzione danese è la possibilità di conciliare studio e lavoro: le lezioni si tengono di mattina, lasciando il pomeriggio libero per lavorare. Clara ha trovato senza difficoltà un impiego nel settore dello sviluppo commerciale rivolto al mercato italiano proprio durante il periodo universitario. Tuttavia, ha osservato che oggi molti giovani faticano a trovare posti di lavoro qualificati e spesso si limitano all’ambito della ristorazione, cosa che rischia di far perdere questa importante opportunità di esperienza lavorativa parallela agli studi.

Dopo la laurea, nella capitale danese Clara ha costruito un percorso professionale coerente con i suoi interessi. Ha iniziato a lavorare per un’azienda scandinava leader nella distribuzione di giocattoli, per poi passare all’attuale agenzia internazionale di pubbliche relazioni in cui è impiegata. In questa realtà, a differenza della precedente, parlare danese non è indispensabile poiché l’ambiente è formato da svedesi e danesi che si comunicano facilmente nelle rispettive lingue, ma l’inglese è la lingua comune, usata anche all’interno di grandi aziende internazionali. Clara ha provato a imparare il danese, una lingua che considera molto complessa, ma ha scelto di mantenere principalmente l’inglese come mezzo di comunicazione, anche perché la sua cerchia di amici è molto internazionale.

Parlando dello stile di vita danese, Clara ha descritto alcuni tratti tipici, spesso emersi anche sui social media: per esempio, giovani genitori sposati e con figli già in giovane età, grazie a una buona stabilità economica derivante anche dal sistema educativo che facilita l’indipendenza fin da ventenni. Ha spiegato inoltre la presenza di una norma sociale chiamata “Janteloven”, la legge di Jante, che incentiva modestia, umiltà e uno stile di vita sobrio, sottolineando come ciò spieghi l’apparente uniformità nello stile e nelle abitudini. Questo atteggiamento si riflette anche nel modo di vestirsi, spesso pratico e semplice, ma sempre con un tocco di stile, come andare in bici anche con i capelli bagnati. Tra gli aspetti più caratteristici ha citato la pratica del “communal dining”, pranzi comunitari dove persone, conosciute e sconosciute, condividono cibo attorno a un unico tavolo pagando un prezzo fisso, un’usanza che valorizza la condivisione e per lei rappresenta uno dei momenti più piacevoli della vita in città, insieme alle passeggiate in riva al mare.

Accanto alle bellezze e alle particolarità sociali di Copenaghen, Clara evidenzia anche alcuni aspetti critici e meno noti. Sottolinea la selettività della Danimarca, influenzata dall’alta pressione migratoria, e il fatto che alcune persone, soprattutto con background diversi, non vengano sempre trattate con la stessa apertura, sperimentando a volte atteggiamenti ostili. Questo, afferma, lo comprende meglio ora che ha acquisito almeno una base di conoscenza della lingua. Inoltre, il recente decreto del primo ministro che obbliga a scrivere tutte le offerte di lavoro esclusivamente in danese, richiedendo una buona padronanza della lingua, riflette un cambiamento nelle politiche di integrazione. Questi elementi, insieme alla differenza con uno stile di vita più mediterraneo e spontaneo, spingono Clara a riflettere sul futuro: ammette di sentire la mancanza di casa, del sole e dei piccoli piaceri quotidiani come prendere un caffè al bar a un prezzo contenuto, cosa difficile da fare a Copenaghen dove costa molto di più. Tuttavia, pensa che nel prossimo futuro vorrebbe una vita più stabile, ha preso a cuore Madrid come possibile meta, ma per ora intende restare in Danimarca insieme al suo compagno.